Toscana Gran Tour_Pt.1: Passo di Viamaggio
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- on Dicembre 14, 2018
Per ragioni di spazio e per non offendere la vostra indiscutibile conoscenza del territorio questo viaggio virtuale partirà dalla cima del Passo di Viamaggio (983 msl) la cui ascesa ha forgiato generazioni di motociclisti romagnoli. Sorprenderà sapere che questi ameni tornanti facevano parte della via Ariminensis e furono fatti costruire per scopi militari da Marco Livio Salinatore verso la fine del III secolo a.C. sul tracciato di un antichissimo percorso che collegava l’Etruria alla Val Padana, fin dalla prima età del ferro, tra il IX e l’VIII secolo a.C., che vedeva in Valmarecchia l’importante presenza di Verucchio nel riminese. Da qui transitarono più volte i Galli nelle loro scorribande verso Roma. La costruzione della strada consolare contribuì non solo al rapido spostamento delle legioni ma rappresentò anche un importante canale per gli scambi commerciali. Da Aretium ( Arezzo) in prossimità di Porta San Biagio l’antica strada attraverso il passo della Scheggia si dirigeva verso Castrum Angularium (Anghiari) per poi attraversare la valle del Tevere all’altezza dell’attuale diga di Montedoglio nei pressi di Sigliano tra , Sansepolcro e Pieve Santo Stefano e quindi salire verso est in direzione del Passo di Viamaggio ( Via Major) o più probabilmente verso il più comodo Passo del Frassineto. Qui il percorso si sviluppava di massima lungo le sponde del fiume Marecchia attraversando il Territorio di Badia Tedalda dove lambendo Caprile, Fresciano e Rofelle (ritrovamenti di reperti etruschi e romani ancora in via di scavo), raggiungeva il Ranco. Da qui, dirigendosi verso i due centri romani di Secchiano e Ponte Messa toccava Verucchio e Rimini nella zona di porta Montanara.
Il nostro viaggio però, una volta sulla sommità, piegherà a destra lungo la Provinciale Nuova Sestinese, una strada di scarsissimo traffico dall’asfalto decisamente malmesso. La lunga discesa ci porterà in provincia di Arezzo e più precisamente a Pieve Santo Stefano (433 msl) laCittà del diario, di antichissima fondazione, vi sono addirittura tracce del Neolitico.
La storia più recente di Pieve Santo Stefano è segnata da due tragici eventi: il primo è l’inondazione del 1855. A causa di una frana, il corso del Tevere invase l’abitato per diversi mesi cancellando molti dei documenti archivistici e delle testimonianze artistiche della città; il secondo è la devastazione provocata dalle truppe tedesche in ritirata, che minarono e distrussero il centro storico, in quell’occasione si salvarono solo il Palazzo del Comune e le chiese. Ricostruita rapidamente, Pieve Santo Stefano nei decenni successivi ha raggiunto una nuova notorietà in qualità di Città del Diario. Forse proprio grazie all’impulso di ritrovare e rinsaldare una memoria messa a dura prova dagli eventi degli ultimi due secoli, nel 1984 nasce da un’idea del giornalista e scrittore Saverio Tutino, l’Archivio Diaristico Nazionale, che raccoglie migliaia fra diari, memorie ed epistolari.
Con Pieve Santo Stefano già alle spalle, le gomme mordono l’asfalto verso il Valico dello Spino lungo la provinciale 208, una provinciale tanto bella da credersi una pista. E a ragione, perché una volta all’anno sui larghi tornanti si disputa una importante cronoscalata e spesso da qui transita la Mille Miglia storica.
Non c’è sito di viaggi in moto che non indichi questo tratto d’asfalto fra gli imperdibili d’Italia.
Il passo sale per 12 chilometri fino a mille metri di altitudine, un tracciato storicamente definito un autodromo naturale attaccato alla montagna per il suo perfetto raccordarsi di curve e rettilinei. Già alla fine degli anni ’60, gli spettatori della cronoscalata furono stimati in oltre quarantamila!
Giusto il tempo per riprenderci dallo stordimento della velocità ed ecco l’abbraccio di Chiusi della Verna (954 slm) la porta del nostro, intimo Tibet. La spiritualità penetra attraverso casco e protezioni e ben presto, superato il paese, sulla nostra destra ci sovrasta la rupe dove San Francesco d’Assisi fondò quello che oggi è uno dei più importanti santuari del mondo.
Chiusi fu una tappa del cammino della Romea che portava i pellegrini di origine germanica a Roma in alternativa alla via Francigena. La cittadina ospita una fiorente industria turistica legata al clima salubre, al paesaggio boscoso ma soprattutto al Santuario francescano famoso per essere il luogo in cui san Francesco d’Assisi avrebbe ricevuto le stigmate il 14 settembre 1224.
Costruito nella parte meridionale del monte Penna a 1128 metri di altezza, il santuario ospita numerose cappelle e luoghi di preghiera e raccoglimento, oltre a diversi punti di notevole importanza religiosa che richiamano qui ogni anno dai 600mila al milione di visitatori.
Di grande interesse naturalistico è la foresta monumentale della Verna, giunta fino ai giorni nostri anche grazie alla sapiente opera dei francescani che l’hanno curata nei secoli, in una perfetta armonizzazione tra uomo e natura. Il bosco principale è rappresentato dalla consociazione abete faggio, con esemplari che raggiungono i 50 metri di altezza e diametri fino a 180 cm. Nella zona nord-ovest del santuario è presente la faggeta pura. La foresta è caratterizzata anche da una straordinaria ricchezza botanica e dalla presenza di una numerosa fauna selvatica che annovera quattro specie di ungulati, il cervo, il daino, il capriolo e il cinghiale, oltre al loro predatore naturale, il lupo. Sono presenti anche numerose specie di uccelli, tra cui i rapaci gufo reale e falco pellegrino.
E saranno proprio boschi, faggete e gli straordinari scorci del Casentino i nostri piacevoli compagni di viaggio per i successivi chilometri.
Pier Luigi Martelli
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